C’è un aspetto, nella giustizia, che ci riguarda tutti, ed è quello della reputazione personale. Concetto che, con la diffamazione, ha conosciuto una naturale evoluzione con l’espandersi dei cosiddetti new media. Strumenti in continuo divenire, che si evolvono nello spazio di un «amen». Non altrettanto la normativa, con una legge sulla stampa che risale al 1948, epoca in cui i giornali venivano ancora confezionati con la lynotipe.

Come, comportarsi, dunque, nel momento in cui un giornalista – ma anche un semplice cittadino – deve redigere un articolo, ben conscio che lo stesso rimarrà sulla rete sine die e, dunque (col tempo), non essere più attuale? Gli esperti di diritto navigano a vista, talora attualizzando le norme del 1948, talaltra creandone di nuove. Che, però, trattandosi di dispositivi di sentenze, formano un precedente dal punto di vista della giurisprudenza ma che necessiterebbero di ulteriori passaggi per diventare norma. Un vuoto normativo che, spesso, disorienta gli addetti ai lavori. E non solo loro.

A colmare il vuoto ci prova «La diffamazione tra media nuovi e tradizionali», dell’avvocato Alessandra B. Fossati, saggio pubblicato da una casa editrice fresca di costituzione, la Mcp Munari Cavani Publishing, naturale prolungamento culturale di una vera «boutique» nel campo forense, lo Studio Legale Munari Cavani di Milano.

Fondata dai soci Alessandro Munari, Raffaele Cavani, Alessandra B. Fossati e Francesca Broussard la società editrice punta ad aprirsi «ad altre forme comunicative e di linguaggio che spaziano dall’economia, al cinema, dall’arte alla cultura in generale». Parole e musica dell’eclettico Alessandro Munari, uno che di codici e commi ne sa eccome (è docente di Diritto commerciale all’Università Cattolica). Ma che, poiché «cultura» non significa solo «diritto», ama buttare un orecchio verso la musica (è tra i fondatori di una band) e un occhio verso il cinema (presiede l’Istituto Cinematografico «Michelangelo Antonioni» tra i promotori del Busto Arsizio Film Festival). Una law firm, quella milanese, che ha più di un legame anche con Verona, visto che la città scaligera ha dato i natali a Massimo Chiaia (uno dei collaboratori di studio) e ad Antonella Mantovani, la moglie di Munari.

I nuovi media, dunque. Sarà pur vero che «da Johann Gutenberg a Mark Zuckerberg molto è cambiato», come scrive l’avvocato Fossati, ma è altrettanto vero che «l’anarchia della rete è più uno stato mentale o un approccio non corretto al mezzo». Soprattutto in un’era in cui informazione non è più sinonimo solo di giornalismo.

Quali responsabilità, dunque, per un post lesivo della reputazione altrui? Il blogger risponde dei commenti lasciati dai suoi followers? Si può sequestrare una pagina di una testata on line? E di un blog? Tutti quesiti cui Alessandra B. Fossati, con l’avvocato Massimo Di Muro, ha cercato di dare risposta. Con un auspicio: che il volume edito dalla Mcp-Munari Cavani Publishing serva da stimolo per un necessario riordino normativo in materia di editoria.

Valerio Barghini